A te,
A te che hai le spalle larghe, ma devi essere rassicurato. A te che fai molto ridere nel tuo essere sbrindellato e trasognato e per fortuna non ti prendi sul serio nemmeno tu.
A te che hai una saggezza accogliente e sai accudire con premura i più piccoli.
A te che parli con l’Ovetto ucraino in un inglese bizzarro ma efficace, a te che lo proteggi come un vero fratello e per fortuna che c’è lui a ristabilire un po’ di parità di genere in questa casa (“Papà finalmente un altro maschio in questa casa!”) ; a te che traduci per lui tutti i dialoghi che gli altri ragazzini gli si rivolgono in italiano.
A te che vi abbracciate con una spallata come si confà a due adolescenti, a te che non vuoi vederlo triste e allora inventi qualsiasi cosa, un’attività, un gioco, che lo coinvolga, a te che gli hai presentato i tuoi amici e sei stato il suo angelo custode nelle settimane di oratorio.
A te che sei distratto e bislacco nel tuo vivere quotidiano, ma cogli le sfumature e capisci i non detti e percepisci ogni cosa.
A te che la scuola media è un divertimento, che studi il giusto ma sei bravissimo ugualmente e senza fatica. A te che esistono solo i compagni di classe maschi e sei sempre invitato a casa di Tizio e Caio. A te che vivi felicemente senza cellulare e, per incontrare gli amici, ti accordi a voce come facevano mamma e papà Ovo da giovani. A te che sei andato a Cervia a fare le gare di matematica e questo è il massimo dei massimi per te, poter unire la matematica alla competizione.
A te che per il primo anno dopo un decennio provi finalmente qualche soddisfazione guardando i Gran premi e di conseguenza te li vivi malissimo stretto nella morsa della tensione
A te che vesti in modo casuale, senza badare ai colori, usi sempre lo stesso paio di scarpe; a te che riempi le tue tasche di qualsiasi cosa, sassi, tappi, matite, palline, foglie, e sembra che ciascuno di quegli oggetti sia indispensabile per la tua vita. A te che hai mille riti e rituali, e quando ti abbiamo detto che era il caso di cominciare a rinunciare a qualcuna di queste scaramanzie, sei scoppiato a piangere come se ti stessimo chiedendo di rinnegare te stesso.
A te che prima di addormentarti devi seguire in modo maniacale una procedura, a te che fatichi ad addormentarti la sera e allora fai le flessioni, fino a quando non ce la fai più e svieni, vinto dal sonno.
A te che ridevi sotto i baffi delle pene sofferte dall’Ovetta quando ha dovuto scegliere la scuola superiore: ciccio… tra pochi mesi devi scegliere tu!
A te che guardi sempre altrove ma sei curioso e partecipe ed empatico come pochi.
A te che segui lo sport con passione, e ti stupisci dell’ignoranza dell’Ovetta di fronte alle più basilari regole del gioco (“NO!!!… la Juve deve segnare di qua e il Milan di la! Capito?”). A te che gioisci per i successi dell’Ovetta e sei un po’ filosofo con lei. A te che sei consapevole delle capacità di tua sorella più di quanto non ne sia lei e la rassicuri e sorridi di fronte alle sue ansie, certo che comunque andrà bene.
A te che hai fatto una settimana al campo dell’atltetica notti comprese e vaghi racconti di bagni in piscina e camminate alle tre di notte ci sono giunti; così come ci sono giunti i racconti delle ragazzine che erano fidanzate a turno (a tua insaputa), ma sicuramente ci sei tornato “positivo” e ti sei sciroppato la tua settimana di quarantena dove hai battuto tutti i record possibili alla playstation.
A te che discuti con Pica ogni sera sul programma televisivo da vedere prima di andare a letto, a te che dai le dispensi consigli su cosa mettere nello zaino in campeggio (tu!! che dai consigli???) e l’aiuti a ripetere storia o geografia, e lei ti preferisce a chiunque altro. A te che inventi con Pica regole nuove per i giochi da tavola che sapete solo voi e vi rendono complici ma per tutto il resto del mondo sono incomprensibili.
A te che corri sempre, anzi no, da quest’anno marci e che questo sport così tecnico e strano ti ha riempito la vita, anche se noi ti prendiamo in giro dicendo che è uno sport da vecchi. A te che sei il cucciolo del gruppo dei marciatori e, nei lunghi allenamenti, chiacchieri con i grandi con un divertimento e una partecipazione mai provata. A te che segui con attenzione i consigli dell’allenatore prima delle gare e cerchi il suo sguardo e quello di papà nel percorso.
A te che se fa troppo caldo a metà notte decidi che è meglio dormire per terra e ti trascini in mezzo alla stanza con il tuo cuscino e li, al mattino, ti troviamo: magari fresco… sicuramente non pulito
A te che resti piccolo anche se diventi grande, che sei acuto e preciso ma anche stordito e soddisfatto, che cerchi le parole giusti per difendere le tue idee, che non hai una penna con il cappuccio e nemmeno una matita con la punta, a te che intenerisci con gli abbracci forti, a te che ci fai ridere e anche pensare. A te che usi l’ironia come un adulto e poi ridi come un bambino per battute sciocchissime. A te che se mamma e papà provano ad immaginarti diventare grande, in questi anni così strani, allora sorridono felici.
A te che sei “il Monno più Monno che c’è”.
Sì, proprio a te,
buon dodicesimo compleanno Monno.