Dieci cose dieci che il vetusto ha compreso dopo una convivenza con 2 teens allo stato semibrado in Londra per 10 giorni
- L’importante è mangiare. Buono il Bao, i Buon e il Thai, buono il fish and chips, buono il cinese, buoni gli hamburger, buona la pasta (ma fatta a casa e almeno mezzo chilo in 3), insomma buono tutto e anche meglio se nuovo, sperimentabile, non necessariamente costoso: basta però che sia TANTO
- “Dai, è il primo giorno,… oggi vi accompagno e lo so che siete state ieri a vedere dov’era, ma andiamoci un dieci minuti prima”…. Giusto per scoprire che la sede dove le teens si sono presentate NON era la sede delle lezioni ma la sede amministrativa della scuola. E mentre le teens non si capacitavano che avrebbero dovuto leggere TUTTA la mail della scuola (dove ovviamente veniva riportata la sede delle lezioni e come raggiungerla oltre alla sede amministrativa), il vetusto apriva la mail, scopriva l’arcano, apriva google maps e cominciava a trascinarle a viva forza nel posto giusto e peraltro in tempo!
- “ragazze fate un elenco delle cose che volete vedere”… e loro l’hanno fatta. Una mappa minuscola condivisa su whatsup divisa in due: una piantina di Londra sulla sinistra e un elenco di 55 posti da visitare sulla destra; il tutto da vedere sullo schermo del cellulare. Papà Ovo ha chiesto aiuto anche a un cane lupo per ipovedenti che passava di li… ma anche lui ci ha rinunciato
- La street art va per la maggiore… però effettivamente è bella; l’arte moderna invece puoi metterla nel posto più trendy del mondo ma resta una ciofeca (o meglio… “una rete da letto appesa ad una parete”… è pur sempre una rete da letto appesa ad una parete)
- Le regole si autoimpongono e si auto(dis)impongono. Lunedi le teens chiamano appena finita la scuola, poi appena finito il pranzo, poi appena si spostano per andare a vedere la prima cosa bella, poi appena riprendono la metro, ecc… Venerdi… “emmm.. ragazze?… ci siete?… dove siete?… ehila… siete vive????”
- “Parlare con ragazzi/e piccoli e grandi, spagnoli, olandesi, belgi, brasiliani e arabi con un maestro folle che fa cose folli ma parla sempre e ci fa parlare un sacco è cool!”
Eh… per questo vi ci abbiamo portare…. Oh yeah - L’ordine in casa?… mmmm… “sorry, I do not understand”
- Sarà per la sveglia alle 7, sarà per l’inglese continuo, sarà per il su e giù per visitare posti al pomeriggio, ma alla sera delle baldanzose giovini non rimane nulla; un paio di straccetti che si addormentano sul divano e ciondolano verso il letto abbastanza presto, ovviamente dopo aver digitato sul cellulare tutto il digitabile compreso fantomatiche “stories” di ig (che per noi vecchi gabbioni si ha da intendere qualche foto, un commento e tanti cuoricini di risposta su Istagram)
- Nel fine settimana la coppietta ha optato per visita ad Oxford auto-organizzata. Svegliatesi all’alba (vabbè… non esageriamo), metro, treno e visita con rientro nel tardo pomeriggio. Tempo freddo e piovoso… ma il giubbotto non è molto “in” e quindi si lascia a casa. Salvo poi ammettere di essere in un bar a bere the caldo per cercare di sopravvivere (ma rimanendo molto “in”)
- Ha visto le teens allegre, divertite, organizzate a loro modo, spensierate ma curiose, sempre pronte a sperimentare, interlocuire, girovagare ed adattarsi; la cosa più bella un tempio indhu, la cosa più brutta non perdere il treno di rientro da Oxford (perché a quanto pare ci sono andate vicine. Brave!
E papa Ovo?
Lui si è stanziato sul divano per una 4 giorni di lavoro incredibilmente tranquillo e proficuo, sarà anche perché ha abbandonato mamma Ova a tutte le altre incombenze (Santa Subito); è pure riuscito a fare una telco per l’Associazione in notturna e a vedere una paio di partite dell’Inghilterra al pub come un british vero deve fare (sperando segretamente che perdessero ma questo non glielo diciamo) ma soprattutto venerdi si è alzato alle 5 del mattino, si è fatto 6 ore (sei ore!) di coda in un campo all’aperto sotto una pioggia battente a diretto contatto con vecchiette molto british e gruppi di giovini che facevano colazione a base di prosecco bevuto a canna (per lo schifo del suddetto vetusto), ha ricevuto un adesivo da appiccicare al petto con scritto “I queued under the rain” e poi è entrato a Wimbledon, ha girovagato per i campi, ha assistito ad un paio di partite, non ha mangiato le fragole con la panna perché faceva un freddo barbino, è stramazzato dieci minuti nella lounge che fa molto figo e ha ricevuto la radio per sentire tutte le partite live (funziona !), si è quasi scontrato con Roger (per l’invidia di mamma Ova) e alla fine, un poco commosso, ha rimesso piede sul campo centrale di Wimbledon trentanove anni dopo la prima volta.
Molto molto bello.
Thanks zio A.