Bluastro

Papà Ovo era un ragazzino tranquillo? Papà Ovo era un ragazzino scapestrato?
Forse sarebbe meglio chiedere che tipo di ragazzino era papà Ovo agli Ucas.

Papà Ovo, di se stesso, potrebbe dire di esser stato un bravo ragazzino che passava gli inverni a fare a gara con i coetanei sulle piste da sci in maniera… scapestrata, poi passava le primavere e gli autunni a sfidare i coetanei con interminabili partite a basket (soprattutto) e pallavolo (meno) nei palazzetti della scuola in maniera… scapestrata e terminava con interminabili estati dove le partite di pallone si alternavano alle gare in bicicletta, alle corse sui marciapiedi e ad altre attività fisiche all’aria aperta che ora nemmeno si ricorda… il tutto in maniera un poco… scapestrata.

Ora, a ben guardare tutto questo l’ha tenuto lontano da brutte cose, cattive compagnie o idee troppo strane. A vedere nel dettaglio bisogna anche dire che non esistevano i caschi sugli sci, il campo di pallone aveva tronchi d’albero nel bel mezzo del centrocampo, ogni volta che una partita nel palazzetto finiva senza infortunati si gridava al miracolo, si correva in bicicletta senza paragomiti, paraginocchia, paracervelli, e le gare di corse sul marciapiedi non prevedevano l’interruzione del traffico sulla carreggiata che correva a dieci centimetri da noi (per inciso si correvano i 100 metri in linea e i 200 su un marciapiede che faceva un angolo di 90° e se arrivavi troppo forte scoprivi l’esistenza della forza centrifuga a tue spese finendo, appunto, sulla carreggiata sopracitata).

Insomma quella che si dice una palestra di sopravvivenza.
Va da sè che spesso il vicino di casa aveva la gamba ingessata (sci), l’amico di scuola il braccio al collo (bicicletta), il compagno di giochi il dito insaccato (basket) e per quanto riguarda la scoperta della forza centrifuga… ci è sempre andata bene.

Sabato pomeriggio papà Ovo prima, e mamma Ova poi dandogli il cambio, hanno accompagnato l’Ovetta in Pronto soccorso per un dito insaccato.
L’Ovetta, nota per il coraggio leonino in caso di malanni, malattie e ferite varie, ha resistito e non è mai svenuta (il che non era scontato). Ha fatto sorridere (di pietà) il medico che l’ha visitata, si è impressionata moltissimo vedendo caviglie gonfie, menischi saltati, polsi slogati e tutto il repertorio di un classico pronto soccorso ed ha tirato un sospiro di sollievo quando la lastra ha confermato che non vi era frattura (notizia che l’avrebbe gettata nel più profondo sconforto).

Poi è rientrata a casa con due dita fasciate guardandosele come fosse un corpo estraneo di cui avere un misto di raccapriccio e paura. Lì per lì essendo abbastanza grande non ha avuto il coraggio di scoppiare in un pianto a dirotto come invece avrebbe fatto solo un paio di anni fa. Ma, non temete, qualche lacrimuccia nel vedere le proprie dita virate verso un colore bluastro le ha versate.

“Ovetta”
“Sì papà”
“Una domanda.”
“Dimmi.”
“Ma poi… come hai fatto ad insaccartelo?”
“Sono andata contro la sedia dello studio”.Tempi che cambiano… non c’è che dire!

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