Oggi pomeriggio, dopo la nanna, papà Ovo e l’Ovetta sono andati alle giostre.
Causa tempo uggioso tendente alla pioggia e soprattutto causa tosse imperante, il Monno e di conseguenza mamma Ova sono rimasti al riparo nell’Ovetto-house.
Siamo andati alle giostre, si diceva… le “giostre” o, come mi ricordavo tanti anni fa, siamo andati ai “baracconi”.
Come sempre i “baracconi” coincidevano con i primi freddi, umide giornate grigie come solo in pianura padana, MA come sempre i “baracconi” volevano dire luci in ogni dove, voci gracchianti agli altoparlanti che ti invitano a provare quella che era sempre la “miglior giostra”, odore di caldarroste e frittelle.
Volevano anche dire bancarelle da una parte, un mondo di gente nel mezzo e le attrazioni dall’altra, con in mezzo il “tirapugni” dove i bulli si mettevano in mostra, all’inizio il calcinculo, alla fine gli autoscontri ed in mezzo un pot-pourri di attrazioni sempre diverse (ma insuperabile fu il “Tagadà”).
Insomma volevano dire eccitazione.
Con questo in mente parcheggio l’auto, papà Ovo scarica l’Ovetta e si incamminano.
A dire il vero il tutto fa uno strano effetto: dopo un ventennio le giostre sembrano (sono?) molto piccole, alcune bancarelle striminzite da una parte sono prese d’assalto da un gruppetto di mamme e papà, dall’altra parte invece ci sono le stesse attrazioni di una volta e già per questo hanno decisamente poco fascino; insomma nulla dell’eccitazione di un tempo.
Ma cominciamo.
All’inizio si passa davanti al Brucobimbo (il trenino per i bimbi), l’Ovetta lo guarda un secondo, solo uno, poi sentenzia: “non ci voio andale”
Partiamo bene!
Poi davanti al calcinculo per bambini, papà Ovo guarda l’Ovetta e sta per aprir bocca ma viene stoppato: “Bello!…. ma non voio, plefelisco gualdale”
Passiamo alla prossima.
Ecco una coppia di bancarelline gemelle: da una parte la classica “getta la pallina nella boccia del pesce (… e portatelo a casa)”, dall’altra l’altrettanto classica “prendi al lazo la paperella e vedi cosa vinci”.
Papà Ovo glissa velocemente sulla prima temendo il primo assenso della cucciola, chiede invece alla stessa cosa ne pensi della seconda: “Bella, ma è difficile”.
Magari ci si può ragionare più tardi e si prosegue verso la fine senza ulteriori grandi eventi (tranne quando la piccola si illumina davanti ad una giostra recante in bella vista il cartello “vietato ai minori di anni 12”).
“Ora che le abbiamo viste tutte queste belle cose vuoi fare qualche cosa?”
“Si, voio quella della papelella”
E sia.
Breve istruzioni alla piccola che si arma di lazo e si concentra nella cattura delle paperelle di plastica colorate.
Non che l’Ovetta prenda delle papere a caso, nossignore; lei prende prima quella bianca, poi aspetta che ne passi una rosa, quindi aspetta quella blu, dopo quella nera che scappa e aspettiamo un giro intero e così via.
In pratica ci si impiega una bella ventina di minuti per collezionare dieci papere tutte diverse una dall’altra; però alla fine, soddisfatta, mette giù il lazo e chiede: “E adesso?”
“Ecco, vedi, sul fondo di ogni paperella c’è un numero, noi li mettiamo tutti insieme e la somma ci dice che regalo puoi avere; se la somma fa 10 puoi avere quei regali li, se fa 20 puoi prender anche uno di quelli, se fa 30 anche uno di quelli là in fondo e se fa più di 50 ne scegli uno tra tutti quelli che vedi: proprio tra tutti”
Il giostraio si avvicina, rovescia le papere, conta, strabuzza gli occhi, riconta e sentenzia: “68! Caspita, scelga pure”
Papà Ovo stenta a credere alla fortuna (!) della piccola ma si riprende subito: “Bellissimo Ovetta, adesso guarda ben bene tutti i premi e scegli quello che ti piace di più”.
Gira tutto intorno ed si ammirano bambole di ogni tipo, peluche, pistole varie, macchinine, set per cucina, ecc..ecc… ed alla fine la piccola punta il dito verso un cubetto arancione soffice che sta tranquillamente in un pugno, in pratica uno di quei premi che vengono dati a tutti i bimbi semplicemente per invogliarli a giocare.
“Ma sei sicura? Non preferisci quello scatolone nell’angolo o quelle bambole li in alto?”
“Plefelisco il dado alancione”
Segue serrata trattativa; perfino il giostraio (colto da improvviso rimorso e vergogna) cerca di convincere la piccola ad un premio un filo più importante; alla fine si raggiunge un accordo e la cucciola ottiene una fantastica borsetta finto velluto viola con faccione bendato bianco e zucca di halloween in cui mette immediatamente il suo agognato cubetto arancione.
Papà Ovo e figlia si allontanano quindi in direzione casa Ovetti.
Dieci minuti dopo mamma Ova, superato il trauma della visione della borsetta viola, chiede: “Ovetta, come erano le giostre?”
L’Ovetta ci pensa solo un secondo, poi apre un sorriso a tutto tondo ed esclama quasi senza prender fiato:
“Bellissime! Grandissime! C’elano tante bancalelle, e la giostla col bluco e quella glossa pel mamma e papà, poi c’ela quella dove andavi veloce veloce e quella che andava in alto ma con i bimbi glandi pelchè quelli piccoli non potevano; io ho pleso le papelelle e ho vinto il cubetto e sono stata una campionessa e c’elano le luci e anche i cagnoloni. Ela bellissimo!”
Forse papà Ovo ha sbagliato.
Forse le giostre sono proprio come ventanni fa.
Forse i baracconi vogliono ancora dire eccitazione.