Lei sa come si fa

Venerdi mattina, ore 7,22
“Mamma….Mammma….Mamma….CACCA!”
Il Monno ha chiamato; di solito Mamma Ovo risponde.
Non il venerdi mattina, però.
Il venerdi mattina mamma Ovo è già in tangenziale, è papà Ovo ad aprire la porta e…
“Ciao Ovetta, ben svegliata; ciao Ovetto, un secondo solo che ti porto in bagno”
Una carezza alla piccola che si struscia tra le lenzuola, una al piccolo che mi aspetta già in piedi attaccato alle sbarre del lettino.
“Forza Monno, andiamo in bagno”
“Intanto noi aspettiamo qui un momento” dice la piccola.
…???… “Noi? Noi chi?”
“Io e Alice”
“Alice? Ovetta, ma di chi stai parlando?”
“Della mia amica Alice, non vedi? E’ qui nel letto con me, abbiamo dolmito insieme chetta notte”
“Ah! (Ohibo, pare che nottetempo l’Ovetta abbia avuto un’amica immaginaria in visita); vabbe, io e il Monno andiamo in bagno, tu… cioè voi state pure qui”
Mi avvio verso il bagno con il Monno per mano, l’Ovetta decide di seguirci quasi subito.
“Spostati papà, non ci passiamo”
“Immagino che debba entrare anche Alice”
“Celto, scappa la pipì anche a lei”
“Capisco, adesso però posso buttare la pipì del Monno nel water?”
“Ma no papà, non vedi che adesso è Alice che sta facendo pipì nel vatel?”
Ecco, più o meno verso le 7,35 di venerdi mattina sono in bagno con un bimbo di un anno nudo in una mano, un vasino pieno di pipì nell’altra davanti alla figlia treenne in pigiama mentre aspettiamo che l’amica immaginaria entrata in casa nostra nottetempo finisca di fare i suoi bisogni.

Stessa mattina, in cucina, ore 7,48
“Papà, hai dimenticato di dale il latte ad Alice”
“Ah, caspita, non ci avevo pensato; però a dire il vero non ho più biberon disponibili, come si fa?”
“Ma Alice plende il latte dalla tazza, è glande lei”
“E quanti anni avrebbe questa tua amica?”
“Sei,… quasi sei… quattlo”
“Ah, capisco, ha quattro anni, quasi sei… beh, si, è grande abbastanza per bere dalla tazza; posso metterla davanti alla sedia della mamma che tanto oggi non c’è?”
“No, Alice va semple di fletta, lei sta in piedi, magali aiutala a bele il latte”
Ecco, più o meno verso le 7,57 di venerdi mattina sono in cucina con il Monno che trangugia latte a volontà, l’Ovetta che si attacca lentamente al suo biberon, mentre tengo a mezzaria una tazza vuota in modo che l’amica immaginaria di mia figlia possa bere senza sedersi al tavolo essendo, notoriamente, una tipa che predilisce la colazione in piedi.

Stessa mattina, in macchina, ore 8,35
“Ovetta, ma dimmi un po’, ora che abbiamo lasciato il Monno dalla nonna, non ti sembra che manchi qualcuno?”
“No, pelchè?”
“Ma come, non ci siamo dimenticati la tua amica Alice a casa? Non dirmi che lei non viene a scuola con te!”
“Celto che viene a scuola, ma non alliva con noi”
“A no? E come arriva a scuola allora?”
“Non lo so, pelò c’è semple. Lei sa come si fa!”

P.S.: ho il vago sospetto che il fatto che nella stessa classe dell’Ovetta vi sia una bimba “grande” che risponde al nome di “Alice” potrebbe ultimamente aver lievemente influenzato il subconscio della piccola.

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