13/07/10 #1

“Papà Ovo…” “Papà Ovo…”

“Mmmm….”
“Mi sa che ci siamo”
“???” “In che senso?”
“Forse dovremmo andare in ospedale…”

“AH!”
Apro gli occhi, sono le 6,45 del mattino dell’ottavo giorno post-termine, l’Ovetta notoriamente si sveglia di li a un quarto d’ora; mamma Ova è sdraiata al mio fianco e mi fissa tranquilla; ciononostante schizzo in piedi.

Nei successivi 30 minuti succedono le seguenti cose: mi vesto, si sveglia l’Ovetta, vado a tranquillizzare l’Ovetta, metto in piedi l’Ovetta, vesto l’Ovetta, svesto l’Ovetta, faccio fare la pipì all’Ovetta, rivesto l’Ovetta, do da mangiare all’Ovetta, metto le scarpine all’Ovetta, mi avvicino all’uscio con l’Ovetta proprio nel momento in cui anche mamma Ova sta arrivando sbuffando e pian piano rallentando il passo.
E’ in quel momento, per la prima volta in questa giornata, che mi sembra di essermi dimenticato qualche cosa… ma mi sfugge.
Chiudiamo la porta, salutiamo con cortesia la vicina di casa, mamma dell’ovetto Luca, ignara del tutto, e ci dirigiamo verso l’ospedale.

All’arrivo in pronto soccorso la scena che si presenta all’infermiere di triage è la seguente: da una parte mamma Ova che respira sonoramente sbuffando a mo di stantuffo, dall’altra il sottoscritto che sentenzia: “deve partorire, te la lascio, torno tra poco” e sparisco di nuovo in macchina dove aveva lasciato l’Ovetta: prossima tappa, casa Ucas che però, dimenticavo, non sanno nulla, meglio avvisarli.

DR…”Pronto?” (ultimamente quando telefoni a casa Ucas il telefono non finisce nemmeno il primo DRINNN)
“Nonna Ucas?”
“Si?”
“Sto venendo a portarti l’Ovetta, stiamo andando in ospedale per il parto”
“STA NASCENDO!!!” (urla rivolta a nonno Ucas)
“Si, va be,… mi servirebbe che veniste a racattare la piccola giù in strada così faccio prima…”
“SCENDI SUBITO!!!!” (urla sempre rivolta al povero nonno Ucas)
Due minuti dopo, sempre con la sensazione di aver dimenticato qualche cosa, sbuco davanti a casa Ucas, il nonno è in posizione, trasferisco la cucciola nelle di lui mani e sparisco direzione ospedale; già, ma devo avvisare gli altri Ucas!
DR…”Pronto?” (ultimamente anche quando telefoni a casa degli altri Ucas il telefono non finisce nemmeno il primo DRINNN)
“Nonna Ucas?”
“Si?”
“Stiamo andando in ospedale per il parto”
“STA NASCENDO!!!” (urla rivolta a nonno Ucas)
… dove l’ho già sentita questa frase…“Si, va be,… poi quando nasce ti faccio sapere”
“MAGARI ANCHE PRIMA”
(anche prima???ma come faccio??? Ma poi cosa vuol dire “anche prima?????”)…decido di tranciare… “Ti chiamo”

Ok, gli Ucas sono sistemati, l’Ovetta è al riparo; sono di nuovo in ospedale, scarico il megavaligione che stava nel bagagliaio da una settimana e volo al secondo piano; so che mi manca qualche cosa… ma davvero non so cosa…
Mamma Ova è attaccata a due orecchioni che ascoltano la sua pancia, un donnone infermiera guarda i tracciati di tanto in tanto ma non proferisce parola, poi da una manata agli orecchioni e i tracciati schizzano in alto; allora prende un telefono
“Preparatemi la sala, …. Si, alla svelta…… si tratta di quella con quel calo….”
(calo? Quale calo? Cosa cala? a chi? perché?)
Ma il donnone prosegue, forse anche perché queste domande le ho solo pensate ma non le ho dette, già, perché non le ho dette? C’è qualche cosa di strano, mi manca qualche cosa…
Intanto il donnone è davanti all’ingresso delle sale parto, digita il codice e la porta si spalanca.
Lei entra e noi subito dietro.

E’ li, in quel momento, che mi è venuto in mente, finalmente, cosa mi mancasse fin dall’inizio…

(segue)

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