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Non ti fermare adesso!

“Ciao papà!”
“Ciao Pica”
“Allora la maestra ha detto che domani dobbiamo trovarci alla partenza dell’Architetto”

“Scusa?”
“Lì! Come stamattina”
“Ah! Alla partenza dell’Arlecchino! Non dell’Architetto!”
“Ah! Pensavo si chiamasse Architetto.”
“No Pica, questa è la pista baby e si chiama Arlecchino; ma dimmi come è andata la lezione?”
“Molto bene! Abbiamo fatto tre piste e anche quella rossa; sono caduta una sola volta ma non mi sono fatta niente; dovrei fare la pipì ma non ho voglia di togliermi la sac a poche.”

“Ehm…. Cos’è che non volevi togliere?”
“La sac a poche… questa qui.”
“Ah! Quella è la salopette!”
“Ah!”

Gli Ovetti dribblando e schivando vari malanni si sono regalati 5 giorni 5 di sciate.
L’Ovetta ed il Monno sono ormai all’altezza di qualsiasi pista e si controllano a vicenda: lei, con la tranquillità donatale da un misto di fifa e di senso del dovere della sorella grande, lui con l’irruenza di quello che deve sempre arrivare primo tra tutti …ovviamente non è che sia poi così importante, per tutti tranne che per lui.

Ma quest’anno il grande passo in avanti è stato fatto da Pica che ha sdoganato “quasi” tutte le piste e, settata come una F1 con gambe larghissime e culotto rasoterra, sfreccia indifferente a qualsiasi tipo di neve (soffice, dura, ghiacciata) e a qualsiasi tipo di pendenza (dal baby ai 45° va tutto bene).
Gli unici due punti su cui la cucciola forse potrebbe migliorare sono:
1) la fermata… perché sciare scia, scendere… scende, ma fermarsi… beh… e quindi di solito urla a papà Ovo (che le sta davanti) “NON TI FERMARE ADESSO!!!!” e se poi, per caso, il vecchio decide di fare di testa sua e si ferma… beh… il patatrac è inevitabile.
2) la ripartenza… perché sì, va bene, oh vecchio padre che mi porti a sciare, capisco che tu ogni tanto (tipo magari 1 o 2 volte per ogni discesa) voglia fermarti a riprender fiato, oppure a guardare il panorama o anche perfino a scambiare quattro chiacchere con la sottoscritta o con l’Ovetta o con il Monno, ebbene sì, io capisco tutto questo, però per favore queste (insulse) pause potrebbero durare meno di 5 secondi? IO DEVO SCIARE!!!!

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Il fisofolo

La prima Virus-settimana è passata: diciamo che gli Ovetti hanno fatto di necessità virtù ma, complice anche il carnevale che avrebbe ridotto comunque le giornate lavorative, il bilancio è stato senz’altro positivo.

Lunedì, a sole 24 ore dal blocco di qualsiasi attività umano-sociale, gli Ovetti erano un poco spaesati.
Il Monno non sapendo cosa fare ha cominciato e finito tutti i compiti che le maestre gli avevano mandato per la settimana, l’Ovetta ha cominciato i suoi (che erano decisamente di più) e Pica se l’è bellamente spassata giocando con la sua amica I.

Martedì papà Ovo, claustrofobico dopo solo 24 ore, è espatriato a San Marino riuscendo a finire un piccolo lavoretto che procrastinava da tempo immemore ed è ritornato in serata a casa dove il Monno, vai a sapere perché, asseriva che “La vita è tutta una dieta! E io lo so perché sono un fisofolo. Sì, ho detto “fisofolo” non “filosofo” ma d’altra parte che ne volete sapere voi?”

Mercoledì gli Ovetti sono stati tutti messi al lavoro duro al grido di “COMPITI!” da Mamma Ova onde poter partire la mattina successiva, papà Ovo ha lavorato via computer ben 45 minuti e quindi si è dato da fare per preparare le valigie. Poi visita alla adorata maestra V. , anche detta “la mia preferita” di Pica, con i suoi 10, diconsi 10, cuccioli di labrador appena nati. 

Giovedì, venerdì e sabato la famiglia Ovetti si è data ad una tre giorni di sci dove:
1) Mamma Ova ha stoicamente sopportato il freddo (come da copione) peraltro accentuato dal fatto che papà Ovo si era dimenticato di mettere in macchina i doposci di tutti i componenti famigliari.
2) Papà Ovo si è degnamente destreggiato tra la sciata pre-maestro con Pica, la sciata post-maestro con i grandi, il pranzo al sacco dammelosubitoilpaninochehofreddouaaaaa!!!! E le decine di telefonate lavorative segno che lo shock da blocco totale era stato superato (ehmmm… però io sarei in ferie eh?)
3) l’Ovetta ha palesato evidenti miglioramenti sciistici ma non glielo puoi dire perché, essendo in pre-adolescenza, vive qualsiasi complimento come un’offesa personale.
4) Il Monno ha anche lui palesato evidenti miglioramenti sciistici ma, al contrario di sopra, devi continuamente dirglielo perché ci tiene in modo spasmodico (ok Monno, però senza offesa non sei ancora Tomba, chiaro?)
5) Pica il primo giorno ha seguito con riluttanza il padre su una pista “…papà ma è troppo difficile per me!”, il secondo giorno ha sollecitato il padre sulla stessa pista “….dai papà muoviti che ti sto aspettando” mentre il terzo giorno …. “Pica aspetta! Dove cavolo vai da sola che non arrivi nemmeno alla seduta della seggiovia da sola! Stai qua!”
Tutti comunque si sono goduti una bella nevicata serale, un paio di cioccolate calde e una mattina di sole pieno.

Domenica infine mentre i bimbi si riappropriavano di casa, mamma Ova organizzava la prossima settimana di lezioni on line per i suoi felicissimi studenti – la amano, oh sì, la amano davvero! – coadiuvata dall’IT manager di casa Ovetti (papà Ovo) per l’occasione divenuto esperto massimo di teleconferenze via skype. E, nel pomeriggio, chiacchiere e giochi con amici simpatici, per sorridere di questa clausura e guardare oltre.  

Insomma: questa settimana è andata, pronti via con la prossima (sperando sia l’ultima).

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Cambiamenti

Mamma Ova, per chi non lo sapesse, insegna la materia più bella del mondo: la matematica! (perché? Qualcuno lo può forse mettere in dubbio? Eh???).

Una mattina di luglio Mamma Ova si è svegliata e, scorrendo distrattamente le mail, ha scoperto che … Sì! Aveva ottenuto il trasferimento nel liceo scientifico poco lontano da casa, quello che era stato il suo liceo (e pure dello zio A. e di Papà Ovo), quello dove ancora insegna il suo professore di Latino.

Ed è stata travolta da emozioni contrastanti: felicità frizzante per una nuova avventura in una scuola stimolante, sollievo per la ritrovata vicinanza alla Ovetto house, ma anche tristezza per dover lasciare colleghi e anche qualche amico, turbamento e un leggero senso di colpa per non poter accompagnare i “suoi” ragazzi che da anni la sopportavano in classe. 

L’estate è scivolata via. Ha trovato, in qualche modo, il coraggio di dirlo ai colleghi e soprattutto agli amici, non molti, ma veri, con cui aveva condiviso – nel vero senso della parola – le fatiche e le gioie di questo strano mestiere, per quasi 5 anni. Si è ripromessa che continuerà a camminare accanto ad alcuni di essi, ha abbracciato con trasporto alcuni, ha accolto come un dono gli auguri per un buon inizio di altri. Ha risposto con un sorriso di amicizia agli sguardi tristi di chi la salutava, ha versato qualche lacrima nel segreto della sua macchina e, con non poca fatica, ha varcato in uscita il cancello della vecchia scuola per l’ultima volta da docente nella prima settimana di settembre. 

Tutto sembrava quasi pronto per il nuovo inizio. Rimanevano solo loro da affrontare. Loro che sono il vero motivo del lavoro di un insegnante. Loro che sanno essere così magnifici e logoranti, stupendi e insopportabili, sciocchi e profondi, immersi e sommersi, bislacchi e acuti, e tutto in manciate di minuti, in poche ore, in veloci giornate. Loro: i suoi ragazzi!

Così dopo aver passato varie sere a pensarci e ripensarci, dopo averne parlato con papà Ovo lungamente in modo appassionato, ha preso una biro e ha riversato su un foglio tutto quello che voleva dire loro. Eccolo.

Carissimi ragazzi,

quest’anno non sarò con voi, mi sono trasferita in un’altra scuola, in realtà poco distante da qui. Probabilmente sarete sollevati da questa notizia che forse è anche già trapelata. Ebbene sì, evviva … vi siete liberati di me! Niente più 11 verifiche all’anno, niente verifiche lunghe e difficili, niente estrazione per le interrogazioni, libero uso della calcolatrice e chissà quanto altro!  Ma, prima che vi gettiate nei festeggiamenti, vi scrivo qualche riga per raccontarvi qualcosa di voi e anche di me.

E’ spesso difficile dire per un’insegnante perché si è intrapresa questa strada. 
Nel mio caso, forse, perché amo la matematica, perché “vedo” le funzioni, perché sogno i numeri, perché mi piace il ragionamento, la potenza della nostra mente, la sua inesauribile energia. E non c’è nulla di più bello che trasmettere qualcosa che ami. 

Così ho pensato a questi anni insieme ma non mi è venuta in mente nessuna equazione o logaritmo, nessuna ellisse o radice quadrata. Ho pensato a cosa vorrei, in fondo in fondo, avervi insegnato. Di certo un po’ di matematica, sì. E spero anche un po’ di amore per lei, se non altro per riflesso di quello che anima me.

Ma soprattutto vorrei avervi insegnato che la vita vale, che a riflettere non può essere soltanto lo specchio ed essere ragionevoli è spesso più importante che avere ragione.
Vorrei avervi insegnato che non si può sempre rimediare, ma sempre si deve provare a farlo, si può chiedere scusa.
Vorrei avervi insegnato che le parole sono un’arma potente e il silenzio è spesso un’opportunità.
Vorrei avervi insegnato un pochino di umiltà e che il rispetto nasce dal rispetto.
Vorrei avervi insegnato a cambiare le cose e poi a cambiarle ancora. E ancora. E non solo alla vostra età. Sempre, quando serve.
Vorrei avervi insegnato a imparare, anche se servono anni e vari fallimenti, che troppo spesso confondiamo facilità e felicità, che la fatica è anche una “misura” della bellezza.
Vorrei avervi insegnato a stare insieme, a stare bene insieme.

Ci ho provato. 
Se anche una piccola, piccolissima parte di quello che vi ho insegnato è ancora presente in voi, allora non ci siamo “lasciati” completamente e sono e sarò ancora un pochino la vostra prof. 

Ora tocca a voi. Ragazzi, abbiate cura di voi. Non fermatevi mai, guardate avanti, imparate a vedere oltre il vostro naso. Non è tutto bianco o nero: anche il grigio è interessante e, se non altro, è spesso di moda… Camminate a testa alta, ma senza calpestare nessuno. Correte anche, quando serve, ma imparate a fermarvi in tempo. Non abbiate paura o vergogna di chiedete aiuto. Mai. Ricordate sempre che qualunque sia stato il voto preso nella verifica, non parla di voi, non vi “misura”, sia in positivo che in negativo. Voi siete molto di più di un semplice numero, siete la somma (… non algebrica, eh!) di esperienze vissute, di gioie, di delusioni, di incontri, di amicizie condivise.

Le nostre strade si dividono, ma vi seguirò da lontano e presto verrò a trovarvi di persona.

Ma sapete dove trovarmi. Io ci sarò. Sempre. Quest’anno e anche quando sarete più grandi: per un consiglio, per uno studio di funzione, per una delusione, per un integrale difficile, per una confidenza o anche solo per un saluto.

E ora brindate, su! Vi siete liberati di me… pensate a quei poverini che mi ritroveranno davanti a loro il prossimo giovedì…

Buona strada!

La vostra prof. di matematica.

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