Pica day

Un paio di settimane fa, nel bel mezzo della quarantena Ovettese, giunse un fior fior di invito per Pica: “La Signoria Vostra è gentilmente invitata il giorno 27 gennaio presso l’asilo di Ovetti Town per l’annuale open house aperto ai bimbi ed alle bimbe che il prossimo anno vorrebbero frequentare codesta scuola”.

A mamma Ovo e papà Ovo è subito tornato in mente la loro “prima” degli open house di alcuni anni fa allorquando un’Ovetta titubante e fifona decise seduta stante che, a lei, quel posto pieno di bimbi urlanti e maestre intraprendenti non piaceva proprio.
Quindi passò due ore alternando pianti soffocati ad un pressing asfissiante alle gambe di mamma Ova: poi i tre anni seguenti furono invece un trionfo.

Sempre agli stessi genitori è anche tornato in mente quando un Monno, spavaldo e chiacchierone, varcò la porta del “suo” open house e istantaneamente perse l’uso della parola rispondendo per le due successive ore a qualsiasi domanda semplicemente annuendo o meno con la testa. La solita logorrea del cucciolo ricomparve miracolosamente appena abbandonato l’asilo e, per ora, anche in questo caso l’anno e mezzo successivo si può ben definire un successone.

Con questi esempi alle spalle, mamma Ova e Pica hanno quindi varcato l’uscio dell’asilo per il terzo open house familiare.
All’ingresso una coppia di maestre aveva il compito di fornire di cartellino identificativo tutti i bimbi attraverso un bell’adesivo a forma di matita colorata.
Pica ovviamente si è categoricamente rifiutata di rispondere alla domanda “Ciao bella bimba, come ti chiami?” ritenendo la domanda stessa lesiva della sua privacy.
Ovviamente poi si è anche rifiutata di appiccicarsi addosso l’adesivo che avrebbe avuto un triplice effetto:
1)        renderla simile a tutti i bimbi ivi presente (oh yeah! Sono speciale io);
2)        potenzialmente rovinare la sua bellissima felpa di Peppa;
3)        facilitare il compito delle altre maestre che avrebbero saputo il suo nome (se le devono sudare certe informazioni!).

Superato l’ostacolo iniziale, mamma Ova decide di portare la piccola presso i giochini.
Lì Pica affronta un paio di volte uno scivolo (snobbato dagli altri bimbi) e quindi si butta in un tunnel. Peccato che contestualmente un altro bimbo decida di percorrere lo stesso tunnel in senso opposto e Pica, decisamente, non gradisce: appena fuori fa chiaramente capire di voler abbandonare questa prima postazione in quanto sovraffollata, molto sovraffollata, praticamente impraticabile da tanto sovraffollata… almeno secondo i suoi standard.

Si passa quindi ai tavolini con i pennarelli e le matite colorate.
Qui la cucciola si trova a suo agio e addirittura socializza con una bimba anche lei alle prese con i disegni; poi avvengono due cose.
Prima la maestra P. cerca in tutti i modi di instaurare un colloquio, un dialogo, un qualsiasi tipo di contatto: ma la nostre eroina si schernisce, dapprima, quindi (giusto per darle un contentino) risponde a bassissimissimo volume (giuso per capire se la maestra soffra di qualche disturbo all’apparato uditivo), infine rimane stupita dall’arrivo di papà Ovo munito di adesivo con nome ben in vista… la piccola accusa il colpo, richiede immediatamente il suo adesivo a mamma Ova e se lo appiccica bello storto con grandissima soddisfazione.

Pica e gli augusti genitori si dirigono quindi alla postazione “pongo”.
Il gioco è bellissimo e la piccola si concentra. Saluta mamma Ova che deve raggiungere la scuola dell’Ovetta per una riunione e si rituffa nel pongo.
Peccato solo per le maestre L. e O. che, in maniera alternata, cercano anche loro di instaurare un minimo di conversazione con la cucciola che, testa bassa e concentrazione massima, non le degna di uno sguardo.
Al più, ma proprio per premiare i loro sforzi, ogni tanto abbozza un accenno di sorriso, una mezza parolina (sempre a bassissimo volume), uno sguardo approvatore.
Il fatto poi che queste non demordano non la tange minimamente. Tanto nemmeno lei demorde.

Passate le due ore di rito, papà Ovo e Pica decidono quindi di tornare a casa e, mano nella mano, si avvicinano alla porta per uscire. La maestra P. (a cui nel frattempo è stato dato il compito di far “firmare” un grosso foglio bianco a tutti i bimbi in uscita), con un grosso sorriso e offrendole un pennarello gigante, le si rivolge con fare amabile e gentile: “Pica ce lo fai un tuo disegno su questo foglio bellissimo?”
“No”
“Oh, che peccato. Ma ci vediamo ancora? Ci torni a trovare?”
“No”
“Oh, che peccato. Ma non sei stata bene qui?”
“No”
… e si gira imboccando l’uscita.
(Segue papà Ovo che si scusa per i modi lievemente arcigni e corre fuori per acciuffare la piccola camminante in direzione macchina).

In serata.
“Pica però non sei stata carina con le maestre, vero?”
“…no” (testa bassa, musetto tendente al pianto in modo da impietosire il genitore)
“E loro ci saranno rimaste male; volevano farti giocare e tu non le hai neanche guardate. Ma ci si comporta così?”
“…no” (testa sempre più bassa, muso tremante pronto alla lacrima)
“E allora ci torniamo l’anno prossimo?”
“SIIII PAPA’ !!!”

In pratica: certo che Pica vuole andare all’asilo! Ci mancherebbe altro. Non fosse altro perché è attualmente la scuola del suo amatissimo e adorato Monno; però sia chiaro, “quelle là” (le maestre) non avranno vita facile!

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