Umpolo

Quando domenica scorsa papà Ovo, dopo 550 km è sceso dalla macchina ed è dovuto correre dentro la hall dell’albergo, non l’ha fatto perché doveva sgranchirsi le gambe, né perché era eccitato dall’idea di essere (finalmente) arrivato e neppure perché voleva andare in bagno. Nossignore, l’ha fatto perché diluviava ed ha sperato, ardentemente, che la gentile signora che l’ha accolto non gli leggesse nei pensieri, lui che già imprecava per l’immane sfortuna di avere una, diconsi una unica, settimana in un albergo sulla riviera… e pioveva.

Quando lunedì, sotto un cielo plumbeo e acqua a catinelle, gli Ovetti hanno accettato di buon grado di fare un giretto nell’entroterra abruzzese in cerca di un pallido sole, l’hanno fatto a cuor leggero, contenti di passare la giornata con mamma e papà (incuranti del fatto che avevano preso un treno 3 giorni prima, si erano fatti milano bologna solo 2 giorni prima e circa altri 300 km solo il giorno prima): grazie.

Quando martedì un pallido sole ha fatto capolino e l’intera famiglia Ovetti si è catapultata in spiaggia, quasi all’unisono gli Ovetti hanno lasciato i vetusti genitori vicino all’ombrellone ed hanno raggiunto quello che per i seguenti giorni sarebbe diventato il loro posto preferito: la battigia; in particolar modo quella zona che permette ad un bimbo duenne in posizione seduta di essere costantemente immerso in mare almeno fino all’ombelico.

Quando mercoledì le signorine del Baby club hanno finalmente convinto l’Ovetta a mangiare la pappa con loro e con tutti gli altri bimbi, permettendo così a mamma e papà Ovo di pranzare e cenare per i seguenti giorni quasi fossero una neo coppietta, si è capito che la vacanza poteva davvero diventare spettacolare (ovviamente l’Ovetto non ha avuto molti problemi a seguire le gentili signorine visto che le stesse avevano ventilato l’ipotesi di fornire al suddetto del cibo e tanto basta).

Quando giovedì al termine di una giornata in acqua e dopo aver trovato tutte le scuse per rimandare la risalita in camera, l’Ovetto ha coniato la sua nuova parola “Umpolo!” (ultimo, ti prego, ancora uno!); da pronunciare con sguardo da cane bastonato, possibilmente piangente e cercando di sdraiarsi nella sabbia onde poter tornare in acqua nuovamente, ecco che le seguenti farsi sono divenute di uso comunissimo:“Umpolo mare!” (andiamo in mare ancora un’ultima volta, dai) “Umpolo mani spocche” (Temo di essermi sporcato le mani accidentalmente, me le andrei ad immergere in mare per un’ultima volta) “Umpolo lavo giochi” (Ok, caro genitore, è vero, sto un poco tergiversando, ora andrò per davvero a lavare i giochini che ho testè sporcato per un’ultima volta) “Umpolo! Umpolo!” (Una sola! Ti prego una sola ultima volta ! Dai!).

Quando venerdì l’Ovetta, di solito fifona di suo e titubante in acqua, che aveva accompagnato suo fratello sulla spiaggia il primo giorno pregando mamma Ova di controllarlo “pelchè lui è piccolo e il male è glande”, ecco sì… quando proprio l’Ovetta, imbracciati i braccioli, ha deciso di prendere il largo e nuotare verso l’infinito ed oltre (vabbè.. più o meno) incurante del fatto che ci fosse o meno un genitore lì nei pressi, ecco, proprio in quel momento abbiamo capito che questa vacanza davvero serviva loro.

Quando sabato, l’Ovetto, stanco di vedere sua sorella nuotargli intorno con una baldanza inaspettata talvolta a dorso talvolta a “cagnolino” talvolta in un paio di altri “stili” non ben precisati, ha deciso che lui non sarebbe stato da meno ed è partito anche lui verso il mare aperto e poi, tornando indietro ed indicando i braccioli ha affermato: “Monno toglio, batta, non serve” (Carissimo, potresti togliermi codesti ammenicoli che, se da un lato mi permettono di non affondare, dall’altro canto non mi consentono di esprimere tutto il mio potenziale atletico?) beh, lì si è capito che comunque un freno andava messo: tesoro, hai due anni appena fatti!!

Quando domenica, alla fine dei 550 km di ritorno straordinariamente passati senza code e problemi vari (un piccolo attacco di diarrea del Monno tanto per ravvivare la giornata non conta poi tanto) tutta la famiglia è rientrata in casa, quando mamma Ova ha cominciato a disfare le valigie, quando l’Ovetta ha sentenziato “Ah! Ola licoldo casa mia e la mia cameletta, me l’elo scoldata”, quando il Monno ha cominciato a girare per il salotto urlando “COCCO, COCCO DELLO!” rimembrando un classico della spiaggia che non muore mai; ecco, proprio quando tutto questo succedeva, papà Ovo si chiedeva tra sé e sé: ”Ma non si poteva stare la almeno un altro mese? ….Almeno una settimana? … e un giorno solo?… dai ! Un UMPOLO?!?”

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  1. Bellissima l’espressione “Umpolo” e bellissimo il suo significato. Complimenti!

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