Una vita fa

Prologo – domenica scorsa

“Ciao Papà Ovo, sabato prossimo facciamo la festa di compleanno di SF, venite anche voi?”
“Certo, come potremmo mancare alla festa dell’amica del cuore, nonché compagna di piscina, dell’Ovetta”
“Però casa nostra è troppo piccola per una miriade di Ovetti, allora la facciamo alla scuola della bimba”
“Nessun problema, quindi dove andiamo?”
“Al collegio”

“Pronto? Tutto bene? Allora ci sarete?”
“… si…certo…ci saremo”

La festa – Ieri pomeriggio

Quando la macchina ha finito la svolta a destra e si è immessa nel viale alberato, quando la facciata centrale si è mostrata alla fine del viale, quando la piccola Madonnina è stata superata, li a sinistra, ecco, allora è tornato tutto in mente proprio come se fosse passato solo un breve periodo, una vacanza, o fosse stato solo ieri.

Ma l’ultima volta che imboccai quel viale fu venticinque anni fa.

Parcheggiata la macchina in quello che era il campo da calcio in ghiaia dove tutti ci si ri-faceva più volte le ginocchia, entrati col sorriso sulle labbra (e gli occhi che si guardavano tutt’attorno) nella sala della festa, scambiate quattro chiacchere (a fatica), ecco…, assolti gli obblighi minimi di un buon comportamento,ho rimesso il giubbotto, silenzioso ho abbandonato la festa e sono uscito cominciando a vagare in un posto sperso nei ricordi in bianco e nero ed ora ben presente e vivo davanti agli occhi.

Ho rivisto le file interminabili di campi da calcio ed il cortile in terra battuta per quando si era più piccoli; ho rivisto i muretti da dove si cadeva spesso e ci si metteva in fila per rientrare in classe a due a due, ho rimesso piede nella palestra del salto in alto dove ancora ci sono i quadrati svedesi e le pertiche che tanto mettevano alla prova il coraggio (???) tra compagni, son rientrato negli spogliatoi dove bisognava fare alla svelta (certo che faccio alla svelta… fa freddo qui). Sono sceso sotto la palestra nel grande spazio per la ricreazione delle medie, tra pingpong, calcetti, e i 2 mitici biliardi; ci ho trovato anche le vecchie sedie del cinema, legno duro, nessuna concessione alla comodità ma mi sono riseduto con un senso di appartenenza.
Poi sono andato fino all’estremità della proprietà, dove avevo aiutato il maestro a costruire la casa degli Scout (non ne feci mai parte, ma mangiai castagne buonissime) ed ho trovato campi da basket la dove c’erano gli ennesimi campi da calcio; quindi, definitivamente sopraffatto, sono entrato negli edifici.

Al pian terreno ho ritrovato la mensa e il grande lavandino all’ingresso dove lavar le mani voleva dire azzuffarsi per il posto e quasi sicuramente farsi bagnare dai bimbi intorno, ho aperto la porta a fianco che ora fa sempre parte del refettorio ma che allora era il cinema (e li si sognava ad occhi aperti ogni giovedì pomeriggio), ho sorriso davanti al lungo corridoio che si faceva di corsa, tutto d’un fiato perché alla fine del corridoio c’era il cortile con i suoi campi da calcio… e se poi capitava che correndo tu inciampavi, beh, allora potevi star sicuro che tutti quelli dietro di te ti sarebbero cascati addosso. Quel corridoio oggi è chiuso, è diventato parte dell’asilo  insieme ai due saloni della ricreazione delle elementari che però, ai miei occhi restano pur sempre i luoghi dove si son tenuti immensi tornei di calcetto ed epiche finali di pingpong.

Vedo la scalinata. Il grande mosaico di un bimbo in festa nel grembiulino nero con un arcobaleno alle spalle è ancora li e diventa sempre più grande man mano che ti avvicini. Salgo le scale, credo di farlo per la prima volta senza indossare uno di quei grembiuli, ecco la serie di aule, tutte uguali ad allora da fuori, ma dentro ci son computer, non trasferelli; proiettori, non banchi col foro per il calamaio. Le pareti hanno gli stessi mosaici (che erano già vecchi allora!) e lo percorro tutto il corridoio; nella prima aula ci ho sicuramente passato un anno, nell’ultima aula anche… credo.

Poi vedo un quadro sul muro: “Anno scolastico 2005-2006” poi un’altra:”2004-2005”, poi tantissime altre per tutto il corridoio…
Corro
La cerco
La trovo
E’ in bianco e nero, un po’ sfocata dal tempo.
Tre file di bimbi, in basso, al centro, il preside e Fratel Gerardo, il mio maestro.
In alto, in centro, in piedi sull’ultima fila un bimbo guarda l’obbiettivo, nel bianco e nero della foto nessuno può sapere che indossa un maglione di lana verde con un grosso anello per alzare la zip: era il mio preferito, trentacinque anni fa.

Mi stacco a fatica, cerco di aprire una porta che da verso le aule del liceo ma è chiusa e li non riesco ad entrare; da una di quelle aule sono uscito l’ultima volta che ero qui.
Scendo e m’imbatto nel teatro e nella cappella ma quella nuova (trent’anni fa) che ha ancora la stesso velluto alle pareti, mentre di quella vecchia rimane una foto sbiadita, non c’è più la cabina del telefono (e ci mancherebbe), un poster reclamizza la settimana bianca… mi torna in mente tutto.
Dopo un po’ torno alla festa, faccio passare il tempo, ed infine è il momento di tornare a casa, allora porto tutta l’Ovetto family a fare un veloce tour fino sotto quella foto.
“Guarda Ovetta, questo è papà, tanto tempo fa”
L’Ovetta guarda bene. “Ma eli ploplio piccino piccino, ma ela ieli?” (Caspita, eri davvero piccolo, ma quando è stato, ieri?)
“No tesoro, è stato una vita fa”

Epilogo – stamani ore 7,46, nel silenzio…

“Papi, papiii” chiama l’Ovetta
“PAPA’! PAPA’!” replica impaziente il Monno
“Papiiii, papinoooo” all’unisono

Si,
una vita fa.

This Post Has One Comment

  1. I ricordi anche se sopiti, spesso escono con forti emozioni. Permettici di partecipare.

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