Condizioni del terreno: asciutto
Temperatura: 5°C, ventoso
Orario: 16,30 immediatamente dopo il pisolino
Campo di gara delimitato ad est dal potere temporale (il comune), ad ovest dal potere spirituale (il retro della chiesa parrocchiale).
In mezzo una striscia sottile di acciottolato ben contornata dalle più svariate bancarelle: quella che vende coriandoli (e ci sta), quella che vende spade laser e mascherine (e ci sta), quelle che vende caramelle (e ci sta un po’ meno), quella che vende prodotti tipici sardi (e non si capisce bene cosa ci stia a fare).
Il primo carnevale dell’Ovetta (o almeno il primo in cui l’Ovetta possa deambulare autonomamente) si è svolto nel downtown della ridente cittadina della Brianza dove ella ha posto dimora; per dirla tutta non è che la piccola smaniasse dalla voglia di festeggiare tale festività, ma visto la presenza di uno dei primi cieli azzurri che si ricordi a memoria d’uomo, mamma e papà Ovo hanno imbardato la piccola e si sono buttati nella mischia.
Ad un’attenta analisi, i partecipanti all’evento potevano esser catalogati in:
1) vecchie carampane esibizioniste: che ultra (e intendo veramente ultra) sessantenni vogliano vestirsi da carnevale non è un delitto, che lo facciano in mezzo alla piazza nemmeno, che però decidano per un vestito settecentesco con decolté a baldacchino è francamente un po’ troppo.
2) piccoli cuccioli classicamente vestiti: non mancano gli Zorro, non mancano le fatine, non mancano gli uomo ragno. Tutti ciccioni però. Mamma Ova mi ha fatto notare che non di obesità dilagante si trattava, bensì di patto intrafamiliare: “Ok, andiamo in paese col vestito da Tarzan, però sotto ti metti la maglietta, il maglione, il giubbotto e magari anche un piumino!” Il risultato era uno scontro di bimbi obesi lungo l’intero percorso.
3) Ragazzini quindicenni armati di bombolette e sillabe. Con le prime si inseguono evitando i cuccioli e schifando via le carampane, cercando di spruzzarsi a vicenda; poi quando riescono nell’intento con le seconde si chiamano a vicenda “Mo, Lu, dai sme!” “Sti, pro… qua!” Sfortunatamente non avevo con me il vocabolario “Italiano – teenegers / Teenegers – Italiano”
4) Micro Ovetti succubi. Ad eterna memoria basti citare una piccola ovetta (2/3 mesi massimo) costretta dai genitori e dai nonni in seduta plenaria ad indossare un paio di sfavillanti alucce rosa in satin fermate con un sottoascella da indossare rigorosamente sopra la tuta termica (da qualche parte c’era sicuramente anche il segnalatore di temperatura interna con allarme sonoro) corredate da coroncina rosa finto-swarosky impreziosita da una elegantissima sciarpa pellicciosa.
In mezzo a tutto questo l’Ovetta, arrivata dall’estremità est (il comune) è balzata sul passeggino allorquando ha notato la piazzetta dove di solito osserva e gioca con gli amichetti, invasa da cotanta selvaggia moltitudine di gente colorata; è apparsa rabbuiarsi un attimo ma un po’ di coriandoli in faccia a papà e mamma Ovo hanno risollevato il morale; passando per tutte le bancarelle siamo arrivati all’estremità ovest (la chiesa) dove un mega scivolo gonfiabile faceva da calamita per i bimbi di ogni eta “Ovetta, lo so che ti piacerebbe… ma non sai nemmeno stare in piedi su quel coso li!”. La cucciola mi ha guardato un po’ storto, poi agitando le manine a mo di ventaglio ha esclamato “Buju buju buju” (“vabbè, portami via subito e non ne parliamo più”). A questo punto l’Ovetta ne ha avuto abbastanza e ha chiaramente indicato la via di casa; poi però ha prima gettato un occhio in là, ha osservato bene, infine ha dato inizio ad una sfilza di “mmm” “mmm” senza fine alternando il ditino verso il banchetto e verso l’interno della sua bocca: il banco in questione era rosso e giallo plasticoso, un odore di strutto si levava nell’aere, la scritta a caratteri cubitali diceva: “Frittelle calde subito!” “Sei sicura Ovetta?” “mmm…mmm…” “Ne vuoi una?” “Tutu tutu!” (Non essere il solito tirchio, sono nell’età dello sviluppo, di una non saprei che farmene, LE VOGLIO TUTTE!!!) .
Poi, per smaltire il boccone di frittella, la piccola ha deciso che doveva fare dell’attività fisica: è tornata a piedi (e spingendo il passeggino) fino a casa… è stato un lungo e lento rientro.