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L’importanza di chiamarsi Zio

Alcuni giorni fa lo zio A., sfrattato da casa in quel di Londra e ancora in attesa che la sua nuova casa perda il titolo di “cantiere”, decideva di rientrare sul suolo patrio alla ricerca di un letto ove riposare le sue stanche membra.

Giovedì, il senzatetto si presentava all’uscita da scuola e veniva accolto dal nipote maschio con un calorosissimo abbraccio (a livello di reduci da una guerra lunghissima per intenderci).
Seguiva rientro a piedi con dettagliato riassunto della giornata e appena poggiato piede in casa veniva obbligato ad una raffica di sfide incrociate a calcetto.
Lì, il suddetto, subiva l’onta della sconfitta sia contro l’Ovetta che contro il Monno  che sprizzavano gioia da ogni poro; poi i due, eccitati dalle vittorie travolgenti, si univano in coppia per sfidare la più attempata coppia mamma + zio vincendo anche questa ennesima epica partita.
Pica, finora stata in disparte, pensava bene a questo punto di accaparrarsi lo zio, trascinarlo in cameretta e lì bombardarlo con i suoi giochi, letture, e quant’altro.
Un paio d’ore dopo uno zio colpito nel morale (calciobalillese) e prosciugato (dalle attività) riusciva a riguadagnare l’uscio per dileguarsi nella brianza… probabilmente pensando che sarebbe stato più tranquillo passare il pomeriggio sotto qualche ponte del Tamigi.

Venerdì, papà Ovo informava i pargoli che, essendo lo zio rientrato questo fine settimana in Italia, non sarebbe rientrato tra 15 giorni allorquando era prevista una giornata sciistica con il Monno e  l’Ovetta… segue moto di disappunto; ma informava anche che detta gita sugli sci poteva tenersi… l’indomani… seguivano urla di giubilo.
Poi il vetusto si recava alla consueta partitella del venerdì sera scoprendo solo in quel momento di avere una squadra con un componente in meno e rientrando due ore dopo completamente disfatto.

Sabato mattina alle ore 6,15 la sadica e implacabile sveglia gettava giù dal letto papà, Monno e Ovetta; mamma Ova assente causa lavoro e Pica perché “non sono ancora brava”.
Alle 6,45 lo zio si presentava puntualissimo e scopriva l’esistenza delle ore meridiane prima delle 10 per puro amore dei nipoti.
Alle 7,15 sulla via per la stazione sciistica, il Monno spiegava al trentatreenne bocconiano attualmente impiegato nella City che si sarebbe dovuto togliere il giubbotto in macchina “Altrimenti quando scendi prendi freddo. Capito zio?” il suddetto, sempre per amor di nipote, non lo mandava al diavolo ma obbediva ciecamente.
Alle 7,45 l’Ovetta veniva più volte rassicurata da suo padre che “Tranquilla… non lo vedi ma lo zio è in coda per i biglietti… ti assicuro che non si è perso…. Tranquilla… è in grado di comprare due skipass da solo: te lo assicuro”.
Alle 8,20 mentre il trio Monno-Ovetta-papà Ovo si destreggiava tra gli usuali sci/racchette/scarponi da noleggiare-provare-cambiare-riprovare-adattare-indossare-pagare, lo zio ingaggiava una serratissima guerra con i suoi luccicanti scarponi; guerra poi vinta dallo zio ma solo nel pomeriggio… quando se li è tolti definitivamente.
Alle 8,40 poi, tutti finalmente sugli sci per una bellissima giornata: tempo splendido, un po’ freddino, tanta gente ma non eccessiva.

Nel corso della giornata lo zio ha potuto osservare le discese tranquille ma eleganti dell’Ovetta ma anche quelle grintose del Monno, l’assurda volontà di preferire lo skilift alle seggiovie, la caccia a sedere sui seggiolini della seggiovia con i numeri bassi, il disastro derivante dal fatto che papà Ovo ha dimenticato di mettere un paio di calzettoni in più al Monno e l’eccitazione dei bimbi per una galleria … un po’ storta: insomma tutto nella norma.

Domenica poi, mentre il Monno chiudeva 6° (su 92) la sua gara di cross (ma non soddisfatto per non dire arrabbiato) e Pica saltellava felice per esser arrivata 14° (su 22) (“Ho anche superato 8 bimbe mamma! Otto sono tante mamma!… ma sono caduta ancora….vabbè”) lo zio riprendeva la via verso l’ufficio… quasi sicuramente più riposante.

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Le bugie dello zio A.

Lo zio A, un po’ perché unico zio ufficialmente dotato di pedigree, un po’ perché abitante in un mondo lontano, un po’ perché si vede poco ma quando si vede arriva con grandi regali e fa giocare gli Ovetti da mane a sera, è caratterizzato da fascino indicibile e contornato da un mistero affascinante.
Lui, di se stesso, dice di abitare in un appartamento nel cuore di Londra, dice di lavorare nella City (e molto), dice di non concedersi grandi weekend fuoriporta, di andare a dormire tardi ma non tardissimo e di fingere di fare un po’ di moto ogni tanto.
Noi ci avevamo anche creduto.

Questa mattina, mentre il Monno salta sulla pancia di papà Ovo per controllare se il vecchio genitore resiste ai suoi rimbalzi, lo stesso genitore viene a conoscenza di segreti inimmaginabili…

“Papà…”
“Dimmi Ovetta.”
“Sai che ieli sono andata a tlovale lo zio A” (ti rendo edotto del fatto di essermi recata proprio ieri a far visita al mio unico vero zio).
“Sei andata fino a Londra? Ma davvero? E come ci sei andata? In aereo?”
“Si, davvelo ci sono andata ma non con l’aeleo” (Giuro! Sebbene abbia deciso di non usare un aviogetto).
“E come ci sei andata? A piedi non è possibile, Londra è lontana!”
“Ma papà, ma cosa dici, celto che non sono andata a piedi, Londla è lontanissima, ci sono andata in bicicletta.” (Suvvia, ovviamente non sono andata a piedi. Ho utilizzato la mia biciclettina dotata di ruotine laterali per aumentare l’effetto stabilità al suolo).
“Ah, adesso capisco; e cosa hai visto?”
“Tantissimi elefanti gligi e anche qualcuno losa” (Guarda, non ci crederai ma è pieno di elefanti grigi con qualche forestiero rosa).
“Elefanti? In città? Ma non danno fastidio alle macchine? E poi a Londra ci sono un sacco di palazzi, come fanno a muoversi gli elefanti che sono grossissimi?”
“Ma papà, lo zio A non abita a Londla, abita vicino a Londla, dove c’è tanto spaszio e gli elefanti stanno comodi e camminano sul malciapiede” (Ma dai, vetusto genitore,… ma lo sanno tutti che lo zio A non abita davvero a Londra ma in un suo squallido sobborgo dotato di ampi spazi e grandissimi marciapiedi dove gli elefanti si trovano a meraviglia).
“Ma te pensa! E dimmi hai visto lo zio? Sei andato a trovarlo a casa sua? E com’è la casa?”
La piccola appare in difficoltà ma si riprende prontamente…“Si, sono stata a casa ma lui non c’ela. Pelò casa sua è fatta come un tondo un po’ così (la piccola disegna un ovale), senza le finestle pelò”. (Sfortunatamente devo informarti che lo zio non era in casa e comunque casa sua non è poi un gran chè; in pratica un ovale senza finestre).
“E lui dov’era?”
“Ela al lavolo a Londla e io sono andato a tlovallo” (Dove volevi che fosse; al lavoro.. e così mi è toccato raggiungerlo là).
“Certo che poteva almeno aspettarti a casa, dopo tutto il viaggio che avevi fatto!”
“Eh… già… (sospiro)”
“E allora hai preso la tua bicicletta e l’hai raggiunto?”
“No, la bicicletta l’ho lasciata li, ho pleso un elefante” (No, ho preferito prendere l’elefante… per il centro è più comodo).
“Capisco. E dimmi, visto che sei stata nell’ufficio dello zio, qual’ è la cosa più difficile che fa lo zio?”
“Eh… tante cose, tutte difficili, fanno anche le letteline sensza i puntini” (Guarda, cose inenarrabili e complicatissime, pensa che riescono anche a scrivere le letterine senza che qualcuno abbia prima mostrato loro una traccia di dove scriverle!)
“Caspita! Davvero difficile! Eh… sono bravi vero?”
“Si, si, davvelo” (Ah, puoi ben dirlo!)
“Beh, adesso andiamo a prepararci per uscire, ti va?”
“Nooo, io posso dilti ancola un sacco di cose se vuoi” (guarda che ho ancora moltissimi segreti se vuoi).
“Si, ci credo, ma è che non riesco più a tenere il Monno che mi saltella sulla pancia”.
“Ah, va be, fammi solo ancola una domandina” (va bene, capisco, sei un pappamolle, cionondimeno ti concedo ancora un’ultima domanda).
“Va bene, dunque, senti Ovetta, ma lo zio sta tanto in ufficio, a parte le letterine, ma cos’è che fa per così tanto tempo?”


“Gioca!”

Errata corige: si diceva dello zio A.
In realtà residente a Slough in un appartamento senza finestre di una costruzione ovale postmoderna, dedito a sostanze stupefacenti che permangono nell’aria provocando allucinazioni nei passanti; lavora poco e male, dotato di strumenti antiquati come la carta carbone, predilige rimanere in ufficio a giocare piuttosto che tornare ad una sana vita fuori dal suo ufficio: in pratica a detta di sua nipote risulta essere un perdigiorno incallito.

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