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Sam

L’anno scorso il Monno e l’Ovetta, dopo le fatiche dovute a 3 settimane di oratorio (leggasi anche come “corso di sopravvivenza”) si erano dati ad una doppia settimana di corso in lingua inglese tenuto da ragazzi madrelingua (e totalmente ignari della lingua Dantesca) che per l’occasione sbarcavano sul suolo italico.

Il corso, dopo le prime giornate vissute con riluttanza e timore, era stato ritenuto un successone e tra l’altro ci eravamo accorti che i detti ragazzotti (o “tutors”, of course) erano stati ospitati per l’occasione da alcune famiglie locali.

Così, mamma e papà Ovo si erano detti… “perché no?”

Alcuni mesi fa, all’atto della nuova iscrizione al corso, i vetusti avevano quindi sottoposto la possibilità ai cuccioli.
Il Monno aveva chiesto: “ma sarà sicuramente femmina?”… “non lo sappiamo Monno”
L’Ovetta aveva chiesto: “ma dormirà qui da noi per due settimane?”…”solo se lo vogliamo noi”
Pica aveva argomentato: “ma io non capisco, come faccio a chiedergli le cose?”… “imparerai, Pica”
Poi era stata presa una decisione collegiale… “perché no?”

Due sabati fa i tre cuccioli e papà ovo, insieme ad un’altra famiglia, si sono diretti al punto prestabilito per il randez-vous con i tutors: il McDonalds fuori paese.
E li abbiamo conosciuto Sam, che è poi rimasto con noi fino a ieri.

Quello che abbiamo capito di un ragazzo inglese di 21 anni in 14 giorni:
1)        che si è presentato come un runner… ma poi ha optato per il divano tutto il tempo
2)        che aveva il l’obiettivo di leggere 50 pagine al giorno dell’Ulisse  di Joyce ma non si perdeva una puntata di Temptation Island
3)        che più passava il tempo e più il suo coro “it’s coming back home” saliva di tono… e sappiamo tutti com’è andata finire
4)        che puoi anche esser vegetariano ma a quell’età è importante anche la “quantità” di cibo
5)        che caffè e biscotti (italiani) sono il massimo dei massimi a tutte le ore

ma seriamente abbiamo anche capito:
6)        che l’Ovetta lo scrutava, ci veniva a chiedere come si dicevano alcune parole in inglese e poi, di sua spontanea volontà (incredibilmente!), ci si approcciava mettendosi in gioco.
7)        che il Monno ha trovato un fratellone grande con cui giocare a pallone in giardino (e questo è impagabile) e anche questo è un modo per parlare inglese … perché non è facile spiegare che “non è gol perché mi hai fatto fallo e adesso devo tirare io un rigore e se lo faccio la partita è finita e io ho vinto”… spiegaglielo tu!
8)        che Pica gli girava intorno in continuazione parlandogli solo in Italiano ma, incredibilmente, capendo tutto di quello che Sam rispondeva e alla fine poteva anche permettersi di ridere e scherzarci insieme in un misto Italo-Inglese noto solo a loro.
9)        che i bimbi si sono abituati in un attimo ad averlo intorno, e se non lo vedevano in giro, erano preoccupati (“bimbi… ha vent’anni…. Direi che può andare dove vuole lui, eh?”… “davvero?”)            
10)      che è stato una bellissima esperienza, che sicuramente ripeteremo, che non avremmo mai immaginato che Pica lo prendesse così bene tanto da canticchiare le canzoncine in inglese (ovviamente da sola e senza sser sentita ma questa è un’altra questione)… ma comunque mamma e papà Ovo non sono ancora pronti all’esplosione che avviene nella cameretta di un ragazzo di vent’anni … per questo dobbiamo ancora lavorarci un pochino…

Thanks Sam!
If you will be back in Italy… you know where we are!

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Do you want some sushi?

Martedì sera, papà Ovo torna tardi dall’ufficio, per non mettersi a spignattare all’ultimo opta per un take away del finto giapponese all’angolo.
Si mette a tavola, ed apre il suo sushi…
“Ovetta, cosa hai fatto oggi a scuola?”
“Inglisc. Uots iour neim?”
“Oh! Very good. My name is Papà Ovo; and what’s your name?”
“Mai neim is Ovetta.”
“Very good. Congratulation, your english is perfect.”

“Papà anche io zo l’inglese.”
“Davvero? Vediamo: what’s your name?”
“uotz ior neim? Ovetto.”
“Sì, può andare bene.”
“Papà cos’è quello che stai manzando?”
(Lo dico o non lo dico? Ma no, e poi: pesce crudo…. Non piacerà mai a nessuno…. Facciamone assaggiare un pezzetto e finiamola lì.)
“Tieni, assaggiane un pochino.
Anche tu Ovetta, poi se non vi piace non c’è problema, non ve ne do più.”

L’Ovetta assaggia, poi il viso si contrae per il disgusto.
“No no no, non mi piace proprio, basta basta basta.”
“Nessun problema Ovetta; però sei stata brava perché l’hai assaggiato.”
L’Ovetto assaggia,… tentenna… ne chiede dell’altro onde esser certo delle proprie sensazioni e quindi sentenzia: “Bono il pesiolino col rizotto sotto.”
“Si chiama sushi.”
“Va bene, bono il suzi; posso avere altro suzi.”

Mercoledì sera.
“Papà, facciamo che tu mi dici un animale in italiano e io te lo dico in inglese.”
“Va bene, allora: Tigre.”
“Taigher.
“Good. Leone.”
“Laion.”
“Very good. Gatto.”
“Chet.”
“Papà, anche io so l’inglese.”
“Va bene Ovetto vediamo: Cane.”
“Can!”
“Beh, più o meno.”
“Papà, ze ancora un po’ di polletto da manzare?”
“Ancora? Ma Monno, hai già mangiato una coscia di pollo alla cacciatora, tutto il sugo, mezzo petto (che era la porzione di tuo padre), il pane mentre aspettavi che cuocesse il pollo perché come dici tu “se no moro di fame”, dello speck e sicuramente dopo vorrai la frutta. Non ti sembra abbastanza?”
“No.”
“ Beh, comunque il pollo alla cacciatora è finito; mi spiace.”
“Non fa niente papà, … ze ancora del suzi di ieri?”

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