La data del grande evento si sta avvicinando sempre di più e, anche se alla fine nessuno sa quando l’ora dell’ “Ovetta cube” scoccherà, anche se all’apparenza in casa Ovetti regna quasi una calma perfetta, anche se tutto sembra scorrere nello stesso modo di sempre, vi sono evidenti segni che questa data sia sempre più vicina.
Gli Ucas sono passati dalla singola telefonata quotidiana alla doppia telefonata quotidiana (moltiplicato per due coppie di Ucas… fanno quattro telefonate in dodici ore per una media di una ogni quattro ore): meglio che essere messi sotto scorta del Mossad.
In tutte e quattro le telefonate la domanda iniziale di rito è: “Come va? Tutto bene?” (sottinteso “Ha partorito nessuno da quelle parti lì dall’ultimo controllo?).
Pare temano sempre l’effetto sorpresona, ignari (???) del fatto che dovranno gioco forza partecipare alla gestione dei cuccioli in quelle ore convulse.
Mamma Ova, con ben 10 giorni di anticipo sulla data presunta di “lancio” ha fatto la valigia e l’ha piazzata pronta in bella vista in modo che papà Ovo, anche in quei momenti, riesca ad avere la lucidità necessaria per acchiapparla al volo.
L’Ovetta, stamani, ha prima fatto notare che la pancia di sua mamma era diventata mooooolto più grossa della sera precedente, poi ha raccontato il suo fantastico sogno in cui Pica finalmente nasceva.
Mamma Ova si è immediatamente accasciata sulla sedia della cucina sentendosi improvvisamente più stanca e più grossa.
Il Monno martedì scorso, all’asilo, ha afferrato una manciata di pezzi di lego, si è isolato dal gruppo di bimbi ed ha incominciato a costruire la sua cameretta; alla fine ha mostrato tronfio e soddisfatto due bellissimi lettini tutti colorati fatti coi lego (“uno per me e uno per Sen”); poi ha mostrato un altro lettino sempre colorato con tanti pezzettini di lego ma solo un poco più piccolo (“quetto per Pica”): commozione generale tra le maestre dell’asilo.
Il sottoscritto, mancando ad una promessa fatta a se stesso quasi cinque anni fa (“non metterò più piede li dentro fin quando non ci potrò andare tranquillamente, lasciando a casa i bimbi per tutta la notte senza pensiero alcuno”), dicevo, mancando a tale promessa, giovedì è rientrato dopo 4 anni e rotti in uno di quei posti con tante poltrone messe tutte in fila; le luci basse che poi si sono spente del tutto e delle bellissime immagini che scorrevano veloci davanti a lui lasciandolo immerso in una storia senza fine.
Alcuni affermano che detto posto si chiami “Cinema”; Papà Ovo ne aveva un vago ricordo, probabilmente lo aveva anche già frequentato e pure in maniera assidua, ma doveva essere stato tanto tanto tempo fa.
Papà Ovo è rimasto là dentro per quattro ore e venti minuti a gustarsi uno dei suoi due film “mito”; sulla destra una coca cola, sulla sinistra due cellulari accesi in caso di urgenti notizie da casa Ovetti.
Quando le luci si sono riaccese, ha deciso che l’altro film “mito” lo rivedrà presto… ma a casa; quei posti bui, con tutte quelle poltrone allineate e quelle immagini così grandi non faranno per lui ancora per qualche anno; …e poi la prossima volta ci dovrà essere anche mamma Ova.