Racchiudere una quattro giorni in toscana per un matrimonio è difficile, quasi impossibile; ma per gli Ovetti tutti è stato quasi una liberazione poter uscire da casa e da un periodo non brillantissimo.
Avrei potuto quindi narrare pedissequamente tutto quanto avvenuto, mi limiterò però ad enunciare solo i passi principal… dal punto di vista degli Ovetti, of course.
Giovedi mattina
“Cotta Eia, io no tanto qua qua eppelchè fetta anello Nicola e Simona” (Ascolta l’Ovetta: ti informo, casomai tu non lo sapessi, che oggi non ho molto tempo da passare qua all’asilo in quanto sono attesa quale ospite graditissima al matrimonio di due amici carissimi, quindi vediamo di spicciarci!)
Giovedì mattina l’Ovetta ha così informato la maestra Fra dei suoi impegni nel weekend; il fatto che il matrimonio sopracitato si sarebbe celebrato trentasei ore dopo non ha smorzato in alcun modo l’eccitazione che la piccola manifestava già da ore.
Giovedi sera
Dopo esser partiti con Chiocciolone l’autograndedelladitta carico come per un esodo biblico (cosa che ha squassato gli Ovo genitori)…
Dopo aver mangiato pastasciutta al sugo all’autogrill (cosa che ha impennato l’eccitazione degli Ovetti figli)…
Dopo esser arrivati in albergo e aver scaricato mezzo tir in una stanza (capiente fino a poco prima del nostro arrivo)…
l’Ovetta si è presentata alla receptionist: “Io Eia, lui mio flatello Monno, noi dolmiamo albelgo eppelchè fetta anello Nicola e Simona” (Buongiorno, gradirei presentarmi, sono l’Ovetta e lui è mio fratello l’Ovetto; dormiremmo qui in albergo, il che è già motivo di estremo godimento, ma in realtà siamo viandanti in viaggio verso il matrimonio di Nicola e Simona).
Mentre la receptionist rimaneva rapita dall’inconsueta loquacità dell’Ovetta, il Monno leccava il bancone in lungo ed in largo; tanto per prendere confidenza con lo stesso.
Mezz’ora dopo gli Ovo genitori si sedevano per terra nel lungo corridoio fuori dalla porta della loro camera e si dividevano fraternamente mezza acqua tonica essendo impossibilitati a prendere possesso della loro stessa camera; dentro infatti i cuccioli dormivano e dal buon esito della notte sarebbe dipesa la decisiva giornata successiva.
Venerdi mattina
Mamma Ova e papà Ovo realizzano improvvisamente che la parte più difficile dell’intero weekend non sarebbe stato il lungo viaggio, nossignore, bensì sarebbero state le notti: dormire per tre notti nella stessa stanza con due esseri che urlano, piangono, parlano, cantano, fanno la cacca, graffiano cuscinon, si girano e si rigirano e chi ne ha più ne metta, tutto rigorosamente senza svegliarsi … non sarebbe stata una passeggiata.
Venerdi pomeriggio
L’ora del grande evento è giunto: l’Ovetta pare contrariata dal fatto che il promesso sposo non porti l’anello (il matrimonio le era stato “venduto” come la “festa dell’anello giallo”), mentre l’Ovetto, comodamente seduto sul suo passeggino, si guarda intorno rapito da così tanta gente.
All’inizio della celebrazione il Monno decide di seguire i canti d’ingresso e fa partire un “TAAAADDADAADADDDADADA TAVDADADDDADDADDA” che convince quasi subito papà Ovo a passare la seguente mezz’ora fuori dalla chiesa dove il cucciolo socializza con un duenne olandese appena giunto; lo scambio di bava è d’obbligo.
(segue)