Piccola saggezza

 

Papà Ovo è stato vittima di una settimana al di sopra delle sue potenzialità: in teoria lo sapeva, in pratica non pensava così tanto al di sopra. 

Domenica: dopo dodici ore di macchina mi trovo a Vienna ma prima ho toccato la Svizzera, la Germania ed il Liechtenstein; avrei solo voglia di dormire ma il gran capo comitiva , noto per aver la faccia da Elton John e per tenere ritmi da cocainomane all’apice della carriere, decide che prima è meglio una bella cena per socializzare: ecco allora zombie da tutto il mondo fingere di voler cenare e pensare tutti, ma proprio tutti, ad una bella dormita. 

Lunedì: la giornata comincia alle 6 e finisce alle 23; in macchina sto con un canadese ed un americano che probabilmente pensano che sia originario del Vermont e parlano alla velocità della luce: io, tanto per rimetterli in carreggiata, rispondo ogni tanto in milanese; alla fine passo la serata con un tizio gay di Minneapolis discutendo amabilmente della finale di conference NFL 2009/2010 come fossimo “old brothers”. 

Martedì: la comitiva mostra, al mattino, i primi segni di cedimento: è da 2 giorni che pranziamo e ceniamo solo a base di maiale (Elton John organization) e qualcuno comincia a grufolare; seguono 9 ore di visita clienti e 7 ore di trasferimento nel mezzo dell’Europa: alla fine la comitiva schianta; Elton no. 

Mercoledì: beh, di mercoledi meglio non parlare. 

Giovedì: dopo 4 cene e 5 pasti a base di maiale e già 2874 km alle spalle, l’ultima cena viene organizzata in un ristorante di pesce: non è dato sapere se Elton si sia distratto o se l’abbia fatto appositamente: siamo prima increduli, poi ci si abbraccia come fossimo superstiti e si mangia il più buon pesce fritto simil findus che si sia mai stato mangiato in vita nostra. 

Venerdi: dopo una giornata di “summary meeting” cominciata alle 6 e finita 10 ore dopo (intervallata dall’ormai noto pranzo a base di suino), cado nell’errore di pensare che sia ormai una passeggiata fino a casa, ovviamente mi becco 165 minuti di coda al Gottardo. 

Alla fine, torno a casa, apro la porta e guardo l’Ovetta che, timida timida, quasi non ci crede. Poi mi fa posto vicino a lei sul divano, mi passa il suo libro preferito, e punta il suo ditino verso il libro, poi verso di me, poi verso il divano: il significato è chiaro: “adesso ti fermi un po’ qui, e leggiamo insieme.” 

“Già, hai ragione”.

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