Back to school

Mercoledi mattina alle 8,30 il Monno ha varcato la soglia dell’asilo nido.
E’ entrato titubante, ha tolto le scarpine, ha indossato gli antiscivolo, ha preso la sua foto e l’ha appesa sul “facewall” ad indicare che era presente.
Poi ha realizzato che quest’anno lui è un “grande” e quindi la sua amatissima maestra Elver e la sua amata maestra Fra sarebbero rimaste nell’altra stanza con i più piccini, lontano dalla sua vista almeno fino al momento della pappa.
L’asilo nido è quindi improvvisamente diventato un luogo meno attraente.
Nei giorni successivi, il piccolo ha tenuto costantemente il muso alle sue maestre preferite durante il pranzo e, sentendosi tradito, non ha ceduto ad alcun abbraccio o manifestazione d’affetto (voi state di là con i più piccoli e io con voi non gioco più, tiè!)
Poi, sul finire della settimana, ha preso mamma Ova in disparte e l’ha resa edotta della conclusione a cui era giunto: “Monno asilo nido pù perchè Monno grande e Evver pù. Adesso Monno scuola con Eia” (Cara Madre, allorchè io mi sono fatto grande, la giacenza presso codesto asilo nido non è più adatta a me; ne convengo che l’assenza della mia amatissima maestra Elver abbia aiutato nella scelta di abbandonare codesto luogo. Ti rendo edotta quindi del fatto che, da domani mattina, vorrei trasferirmi alla scuola materna in compagnia di mia sorella).
Al momento, gli Ovo genitori hanno fatto tornare il cucciolo sui suoi passi, ma lo sguardo corrucciato che mostra tutte le mattine quando nota l’assenza dell’amata Elver lascia capire che il problema potrebbe ripresentarsi.

Lo stesso mercoledi mattina, poco dopo, l’Ovetta ha varcato la soglia della scuola materna.
La “Mezzana” è entrata titubante, ha abbracciato la sua maestra P. (la preferita) e si è messa a giocare tranquilla come se le vacanze non ci fossero state.
Al pomeriggio, mamma Ova l’ha ripresa altrettanto tranquilla e la giornata è filata via senza intoppi fin quando la cucciola non ha domandato: “Devo andare a scuola anche domani?”
“Ah! Ecco!”… le era sfuggito un particolare.

Lo stesso mercoledì sera, mamma e papà Ovo in cameretta discutono della riorganizzazione della stessa al momento dell’arrivo della Pica-Ovetta.
Entra l’Ovetta.
“Lagazzi! Io e il Monno abbiamo pensato a questa cosa qui”
“Ragazzi? Come sarebbe a dire “Ragazzi?””
“E… dico a te e alla mamma; allola, io e Monno abbiamo pensato a dove mettele il letto di Pica.”
“Ah! Bene. E, secondo te, dove dovremmo metterlo?” (e comunque non è che mi stia tanto bene farmi chiamare “Ragazzo” da una bimba di 4 anni).
“Allola, il mio letto limane qui ma va in alto, anche il letto del Monno lo spostiamo qui sotto il mio. Invece a Pica le mettiamo un letto ploplio qui (nel centro della stanza)”
“Quindi, se ho ben capito, tu e l’Ovetto vorreste un letto a castello, mentre la piccolina la mettiamo di sotto, in centro alla stanza, giusto?”
“Sì.”
“Ma il Monno è capace di dormire in un letto grande, magari cade”.
“Nooo, è glande. E noi gli mettiamo i cuscini così limbalza”
“Ah! Non ci avevo pensato.”
“E se Pica piange?”
“Beh, ci va il Monno, io non posso… sono di sopla!”

Entra l’Ovetto.
“Ragassi! State attenti. Lettino Pica qui (in mezzo alla stanza), lettino Monno qui, lettino Eia la ma alto.”
“Ragazzi??? (ma mi devo sentir chiamare ragazzo anche da un bimbo di due anni???), ho capito, me lo ha appena spiegato tua sorella. Però vedi, non credo che Pica sia contenta di dormire tutta sola nel centro della stanza. Magari si sente sola, magari vuole qualcuno con lei; ci pensi tu?


“No, ragassi facciamo così: chiamiamo Evver e facciamo venire lei!”

This Post Has One Comment

Lasciaci il tuo commento...

Close Menu