Empty sky

Mi butto sulla sedia, non ne posso più. Sono sfatto, sfinito. Mauro, il mio collega, mi si avvicina. “Allora? Com’è andata?”
Io sto cincischiando con internet, che sembra non andare, traccheggio, finisco di bere un po’ d’acqua. “Bene, credo. Bus è in gamba, quello che dice è interessante, potrebbe davvero aiutarci, ma è qui dalle 7,30 ! Io non le reggo otto ore di inglese misto americano slang con accenti olandesi, ho bisogno di una pausa”
Ride, “dove l’hai lasciato?”
“Sala azzurra, secondo piano, doveva chiamare non so chi, credo il suo capo americano. Aveva una teleconference”

BIP BIP. “Mauro, ancora con questi sms automatici? Guarda che ti spillano un sacco di soldi, disdicili”
“Una bomba a New York! Su una delle torri gemelle”
“Cavolo, aspetta, guardiamo il Corriere on line”


“Non va, provo la Repubblica, …

non va nemmeno la Repubblica, prova la Cnn,…

nemmeno questa, prova l’Ansa…

non va, non va nulla!”
“Andiamo al CED, li hanno una portante internet”
Scendiamo insieme, l’ufficio computer è lontano un centinaio di metri, chiaccheriamo tranquilli.
BIP BIP.

Ci fermiamo.

Mauro guarda lo schermo.

“Anche l’altra”.

Corriamo al CED, entriamo di volata “Ci dai un sito di News per favore?”
Sguardo interrogativo, “…’Che non potevate guardarvelo voi? Comunque…. Oh! Non va. Aspetta, provo un altro sit… oh! Non va nemmeno questo, ma che…:”
“Lascia stare, hai una radio?
“Si, che stazione vuoi?”
“Credo che una qualsiasi andrà bene”

 

Non so quanto tempo ci fermammo li dentro, alla fine, in pratica, eravamo tutti li.
I megadirigenti, i turnisti, gli operai, le cuoche, i venditori, tutti in silenzio, intorno ad una radiolina da quattro soldi circondata da una montagna di (inutili) monitor.
Qualcuno ogni tanto telefonava a casa, qualcun altro semplicemente se ne andava a casa,… tanto di lavorare non se ne parlava proprio e i telefoni erano diventati tutti muti.
“Ohi, mi sa che devi andarlo a dire al tuo ospite”
“Gulp! Me lo sono dimenticato” Schizzo al secondo piano, busso alla porta, non aspetto la risposta, entro, apro la bocca ma non mi da tempo di parlare.
“Hi, something wrong here; I’m not able to make any phone call!”
“Bus, sorry, can I ask you where is based your Boss?”
“Why? Howether he’s in NY”
“Where, exactly?”
“What’s change! Come on! Phone is not working”
“Please”
“Downtwon. Why?”
“Bus, sit down, I have to say you something”

 

Questo pomeriggio, mentre scorrevano le immagini celebrative, l’Ovetta sistemava per terra le sue figurine dell’Esselunga mentre l’Ovetto rincorreva la palla rosa che continua a scappargli via.
Dieci anni dopo non è ancora tempo di dover spiegare loro cosa successe quel giorno; ma verrà il momento.

 

Sono stato a Manhattan 3 volte; la prima nel settembre 1999; le foto in testata e questa qui sotto risalgono, chiaramente, a quella volta.

 

September 1999

 

Per la cronaca: il capo di Bus era semplicemente scappato a casa scordandosi il cellulare; lo scoprimmo il giorno dopo.

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