13/07/10 #3

(segue)

Il resto della giornata è facile e scorre via veloce.

Prima un breve conciliabolo con il gine-boscaiolo e con il donnone:
“Scusate, sembra banale chiederlo adesso ma tutto bene?”
“Si, a parte il fatto del tentato suicidio tutto a posto”
“Prego?”
“Suo figlio, dico, non ha visto che è uscito tenendosi stretto nel pugno il cordone ombelicale? Per questo ha avuto quel calo (nei battiti) ed abbiamo corso un po’”
(Dove avevo lasciato l’acqua? Mi è tornata un po’ d’arsura, ah! Eccola li)

Poi mi abbuffo di caramelle trovate nella valigiona di mamma Ova, accompagno la stessa al suo letto (cosa non facile visto che non ci sono letti disponibili), mi sottopongo al fuoco incrociato di domande degli Ucas, agguanto un tavolo per un pasto, invio i classici sms ad amici, parenti ed affini, aggiorno il sito (perché quando ce vò ce vò),
Quindi, dopo esser passato a prendere l’Ovetta ed averle spiegato che si, finalmente suo fratello è nato, torniamo insieme in ospedale per il primo incontro Ovettese: da una parte lui, il nuovo arrivato, che guarda tutti con le palpebre semichiuse, indifferente alla calca che si affolla al di la del vetro; dall’altra lei, l’Ovetta che fin quando le cose si dicono è un conto ma ora gli si para davanti questo marmocchietto e lei fa ballare gli occhi prima a lui, poi alla pancia di mamma Ova, poi ancora  a lui, poi ancora alla pancia di mamma Ova e si vede che proprio non ci capaciti di cosa possa esser successo in quelle poche ore.

Infine, e finalmente, a casa.

“Ovetta, sei contenta?”
“Si (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“Ti piace il tuo fratellino?”
“Sì (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“Questa sera la mamma rimane in ospedale, sai deve convincere il dottore che può venire a casa; questo non è un problema vero?
“No (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“Poi domani o dopodomani al massimo vedrai che anche la mamma torna a casa, va bene?”
“Sì (ma ho uno sguardo che dice… non son sicura)”
“E così quando poi la mamma torna a casa, viene a casa anche l’Ovetto, va bene?”



“Ehm… Ovetta, hai capito? Sto dicendo che tra un paio di giorni la mamma torna a casa e con lei viene anche a casa il tuo fratellino, l’Ovetto, sei d’accordo?”

Ci pensa, ci pensa bene, poi allarga le braccia, inclina un po’ la testa e sentenza:

“… e ba be!” (“… e va bene, se proprio non si può fare a meno!”)

L’Ovetto è stato ufficialemte ammesso nell’Ovetto family!

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