L’importanza di chiamarsi Babe

Il lunedi mattina non è una mattina normale: è la mattina “del nuoto”.

L’Ovetta, lievemente eccitata dall’evento, esterna i propri sentimenti picchiando qualsiasi cosa abbia in mano contro la porta d’ingresso intorno alle 9 del mattino; peccato che la lezione acquatica si tenga solo dalle 11.
Ad un certo punto, stroncata dal tamburellare, mamma Ova decide di partire per la piscina armata di borsetta, borsa del nuoto, Ovetta e dell’amico più fidato e coraggioso che la piccola conosca: Babe. Colui che, sprezzante del pericolo, si tuffa nella piscina senza colpo ferire, nuota con orgoglio in mezzo a mille manine e piedini di Ovetti sempre sul punto di affogare, schiva, quando riesce, gli spruzzi della riccioluta insegnante (adorata dagli Ovetti): in poche parole… un eroe! Chi è Babe? Un maialino di plastica rosa; anzi, per esser precisi una scrofa.

Il fatto bizzarro è che Babe passa la settimana in mezzo a tutti gli altri giochini della cucciola: senza una predilezione particolare.
Quando però scocca l’ora dell’ “andiamo al Nuoto” ecco che l’Ovetta lo cerca disperatamente tra i suoi averi, se ne impossessa e non lo molla più.
Nel tragitto in macchina lo tiene stretto tra le braccine, durante il cambio d’abito non lo perde di vista, nella breve camminata dallo spogliatoio alla vasca, la dove si passa vicino alla vasca principale dove una schiera di arzilli vecchietti combatte contro il binomio “Tempo – Vecchiaia”,  l’Ovetta è ovviamente al centro di mille attenzioni e guai se qualcuno si azzarda a puntare il dito su Babe (non provate a prendermelo, chiaro!).
La scrofa, generalmente, accompagna l’Ovetta solo fino a bordo vasca, salvo poi aspettare che la stessa esca dopo una mezz’oretta; questo in teoria.
Peccato che qualche altro Ovetto ogni tanto scambi Babe per uno dei giochini messi a disposizione dall’organizzazione, se ne appropri e lo porti con se in acqua.
Ecco allora la cucciola puntare dritto gli occhietti verso il suo maiale in difficoltà e costringere mamma Ova ad un pronto intervento di recupero (il che spesso coincide con il pianto disperato dell’Ovetto a cui viene sottratto il suino appena conquistato).
Alla fine del nuoto bimba e maiale ritornano insieme nello spogliatoio, si cambiano, vengono trasbordati in macchina e si abbandonano ad un sonno letargico: il nuoto è spossante.

Lo scorso lunedi, in particolare, anche papà Ovo ha partecipato alla lezione in vasca.
Per fare questo (amore paterno) ha dovuto riesumare un costume ed una cuffia usata l’ultima volta lo scorso millennio (non è una battuta), venir meno al suo giuramento personale (“mai più in una piscina”) e bere un paio di vodka di prima mattina tanto per allentare le ultime resistenze inconsce.
In altre parole, non è che andare in piscina sia proprio una delle attività preferite del sottoscritto, diciamo che è più una delle attività che rientra nella “short-black list” dei soggetti da incubo.
Ciononostante, per amore paterno appunto, si è sorbito tutto: dalla pucciatina dei piedi nella piccola vasca ghiacciata prima di entrare, al tentativo di doccia fredda a fine attività.
Ciò l’ha riportato con orrore ai tempi in cui, da ragazzino, veniva spedito in piscina contro la sua esplicita volontà (fosse esistito a quei tempi il “telefono azzurro”…).
Il risultato è stato che il giorno dopo il maschio dominante di casa Ovetti (nonchè unico maschio della casa) è caduto malato.

Cara figlia, sono molto contento che tu ti diverta in piscina, sono sicuro che ti farà bene e sono orgoglioso dei tuoi progressi; non ho timore, in futuro, a farti da servo portatore di cuffietta, accappatoio o quant’altro oppure starò buono buono sugli spalti a guardarti gongolante ma, per favore, la prossima volta posso portare la giustificazione?

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