Il battesimo dell’Ovetta: un’epopea familiare #3

(segue)

Nel tragitto dalla chiesa alla merenda la piccola schiaccia un pisolino. Sia mamma Ova che il sottoscritto pensano che in fondo: “E’ fatta! Se ha sopportato fino ad ora, la merenda andrà benone visto che adesso sarà riposata”.
Nulla di più sbagliato.

All’arrivo immediatamente ci si accorge che parte della comitiva ha sbagliato strada, il che però non preoccupa più di tanto: sono le stesse persone che sbagliano strada tutte (ma veramente “tutte”) le volte: quindi… no panic.

Qui, ahime, la serata prende una piega imprevista (da noi).
Parte l’assalto: parenti ed amici si alternano per affermare la beltà della cucciola e la sua bravura in chiesa (ma quale bimba stavano guardando?); il tutto ad un volume stile concerto rock.
Lei, la protagonista, all’inizio (18,30) ammicca gogolante, poi (19,00) comincia ad essere infastidita, quindi (19,30) piagnucola, infine (ore 20,00) cede ed entra in un loop infinito di pianti disperati.

L’ultima ora si trasforma in una situazione surreale: la piccola viene passata di mano in mano per vedere chi sia in grado di farla smettere di piangere; vista dalla parte dell’Ovetta funziona più o meno così: “malgrado io esternassi pura disapprovazione verso il tono di voce delle persone e verso il fatto che non gradissi esser presa in braccio, malgrado fosse palese anche ad una bimba di 2 mesi (quelle piccole, non come me) che ero stanca e frastornata, in una parola: malgrado facessi capire a tutti che avrei preferito rimanere sola in un cantuccio, quei malnati continuavano a passarmi l’un con l’altro urlandomi a più non posso frasi senza senso ed interrogandosi del perchè mi fossi messa a piangere”.

Alla fine, conscio della mia funzione paterna e fiero di essere uomo vero, metto in pratica la tecnica che più si addice in circostanze simili: scappo!
Prendo la bimba e comincio ad andare a destra e sinistra, senza senso, pur di evitare i gruppi di persone che tentano di avvicinarsi; ora che si avvicina zia Piera scappo di la, ora che mi ha visto il cugino Filippo mi nascondo di la, e via così per oltre 1 ora. Nulla comunque posso quando ai saluti finali: “dai, fammela prendere solo un momento” (il che sottintende: dai, tu padre che non vorresti mai lasciarla in braccio ad alcuno, permettimi di coccolarla un poco, io che non la vedo mai)… e via di pianto!

Ore 22: quattordicesima ora dalla sveglia. Mamma Ova è appena riuscita a tranquillizzare la piccola e si accascia sul letto; io ho fatto la stessa cosa dieci minuti prima; in salotto l’Ovetta pare dormire.

“Quand’è la prossima volta?” “Cosa intendi dire?” “La prossima volta che si deve fare ‘sto casino” “Alla comunione” “Vale a dire?” “Tra otto anni”


Dal salotto arriva un sospiro di sollievo.

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